Polo Museale del Lazio
Il Polo Museale della regione Lazio è stato istituito in base al D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171, in vigore dall’11 dicembre 2014.
I Poli Museali Regionali, uffici di livello dirigenziale non generale, sono articolazioni periferiche della Direzione generale Musei. Assicurano sul territorio l’espletamento del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura in consegna allo Stato o allo Stato comunque affidati in gestione, ivi inclusi quelli afferenti agli istituti di cui all’articolo 30, comma 2, lettera a), e comma 3, provvedendo a definire strategie e obiettivi comuni di valorizzazione, in rapporto all’ambito territoriale di competenza, e promuovono l’integrazione dei percorsi culturali di fruizione e, in raccordo con il segretario regionale, dei conseguenti itinerari turistico-culturali.
Il Polo Museale del Lazio è una delle novità più significative della riforma del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo voluta dal ministro Dario Franceschini: esso riunisce per la prima volta 43 musei e luoghi della cultura in precedenza assegnati a 11 soprintendenze diverse.
Istituito alla fine dell’agosto 2014, il Polo è diventato operativo dal 9 marzo 2015, con la nomina del suo Direttore, Edith Gabrielli.
Tratto dal Sito Ufficiale del Polo Museale del Lazio (Link: Missione-Storia).Consultabile su www.polomusealelazio.beniculturali.it
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VETTING
FRANCESCO FEDERICO MANCINI
Presidente
Ordinario di storia dell’arte moderna nell’Università degli Studi di Perugia, Francesco Federico Mancini si è prevalentemente occupato di pittura umbra di epoca rinascimentale e barocca. Ha studiato l’attività umbra di Piero della Francesca, la produzione giovanile Raffaello e il fenomeno del raffaellismo in Umbria, Federico Barocci e la diffusione del baroccismo. Ha scritto monografie sulla Miniatura a Perugia tra Cinque e Seicento (1987), su Raffaello (1987), su Benedetto Bonfigli (1992), su Pintoricchio (2007), su Leonardo Scaglia (2016). Ha tenuto conferenze e seminari in Italia e all’estero; ha partecipato a convegni nazionali e internazionali; ha presentato volumi in Italia e all’estero; ha realizzato testi per documentari televisivi. E’ stato curatore delle seguenti, grandi mostre: Perugino (2004), Pintoricchio (2007), Piermatteo d’Amelia (2009), Signorelli (2012). Ha inoltre curato una rassegna monografica sul pittore barocco Gian Domenico Cerrini (2005), una mostra sull’ Arte in Umbria nell’Ottocento articolata in sei sedi espositive (2006), una mostra su Federico Barocci e il Baroccismo in Umbria (2010). Ha coordinato progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN) in collaborazione con università italiane e straniere.
BERNARD AIKEMA
Docente alle Università di Nijmegen e di Louvain, Bernard Aikema è stato “guest professor” nelle Università statunitensi di Princeton e Harvard e all’Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi. Attualmente è professore ordinario di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona. Il suo ambito di studio è l’arte veneziana del XV-XVIII secolo (in particolare la pittura e le arti grafiche), ambito per il quale è considerato un esperto di fama internazionale. Ha scritto più di venti libri e cataloghi di mostre e ha pubblicato più di centocinquanta articoli. È stato curatore di numerose, importanti mostre: Disegni veneti delle collezioni olandesi (Venezia, Fondazione Giorgio Cini, con Bert Meijer, 1986), Painters of Venice (Amsterdam, Rijksmuseum, 1989, con Boudewijn Bakker), Tiepolo and his circle. Drawings from American collections (Cambridge, Fogg Art Museum e New York, Pierpont Morgan Library, 1996), Tiepolo in Holland (Rotterdam, Museum Boijmans-van Beuningen, con Marguerite Tuijn, 1996), Renaissance Venice and the North (Venezia, Palazzo Grassi, con Beverly Brown e Giovanna Nepi Scirè, 1999), Cranach, l’altro rinascimento (Roma, Galleria Borghese, con Anna Coliva, 2010), Tiziano, Venezia e il papa Borgia (Pieve di Cadore, 2013), Paolo Veronese, l’illusione della realtà (Verona, Palazzo della Gran Guardia, con Paola Marini). Attualmente sta progettando due mostre: una dedicata a Jheronimus Bosch e al mondo mediterraneo (Milano, 2017) e una dedicata ad Albrecht Dürer (Milano, 2018).
GABRIELE BARUCCA
Funzionario Storico dell’Arte nei ruoli del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, lavora presso la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche; è stato professore a contratto di Storia delle Arti Applicate presso le Università di Macerata e di Urbino. Ha partecipato a numerosi convegni in Italia e all’estero (Londra, Salonicco, Mosca, Macao, San Marino); è autore di più di cento saggi storico-artistici. Si è specializzato nell’ambito degli studi sulle arti congeneri, ottenendo riconoscimenti internazionali. Ha curato la realizzazione di numerose mostre: in particolare ha ideato e curato la mostra dal titolo “Tutta per ordine dipinta” La Galleria dell’Eneide di Palazzo Buonaccorsi a Macerata (2001) e, insieme a Jennifer Montagu, la mostra Ori e Argenti. Capolavori del ‘700 da Arrighi a Valadier (2007), il cui catalogo ha vinto la XXV edizione del Premio internazionale Salimbeni per la Storia e la Critica d’Arte. Nel 2012 ha curato la mostra Lorenzo Lotto. Il Rinascimento nelle Marche al Museo Statale di Belle Arti A.S. Puškin di Mosca; una versione ampliata della stessa mostra è stata ospitata nel 2013 presso la Reggia di Venaria Reale. Nel settembre del 2105 ha ideato e curato insieme a Sylvia Ferino-Pagden la mostra Raffaello. Il Sole delle Arti presso la Reggia di Venaria Reale.
GIULIO BUSTI
Conservatore del Museo Regionale della Ceramica di Deruta, Giulio Busti è un ottimo conoscitore della ceramica italiana dal Medioevo al Novecento. Ha collaborato a più riprese con Gian Carlo Bojani, per lunghi anni direttore del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, e con Timothy Wilson, Keeper of Western Art presso l’Ashmolean Museum di Oxford. Ha al suo attivo molte pubblicazioni prevalentemente riguardanti la ceramica umbra dal XIV al XX secolo. Di particolare rilievo i suoi contributi sul lustro derutese di epoca rinascimentale, sulle tecniche produttive, sullo stile e sulle scelte iconografiche dei ceramisti quattro-cinquecenteschi, sulle ceramiche ingobbiate e graffite, sui riverberi a terzo fuoco, sulle ceramiche votive, sul revival tardo ottocentesco e primo novecentesco.
RAFFAELE CASCIARO
Professore associato di Museologia e Storia della Critica d’Arte e del Restauro nell’Università del Salento, Raffaele Casciaro è studioso molto noto di scultura lignea, specialmente di area lombarda, marchigiana, pugliese. Ha lavorato anche su argomenti napoletani e materani. Ha dedicato studi approfonditi a Giovan Angelo Del Maino, ha partecipato alle importanti mostre di Matera (Scultura lignea in Basilicata dalla fine del XII alla prima metà del XVI secolo, 2004) e di Milano (Maestri e botteghe nel secondo Quattrocento, 2005), ha curato con Antonio Cassano la mostra Sculture di età barocca tra Terra d’Otranto, Napoli e la Spagna (Lecce, 2007). Ha organizzato e curato l’ importante rassegna intitolata Tecnica e artificio: racconti di cartapesta nella storia dell’arte italiana (Milano, 2007). Si è anche occupato di scultura in terracotta del primo Quattrocento, di scultura polimaterica, di storiografia e di tecniche artistiche.
ENRICO COLLE
Direttore del Museo Stibbert di Firenze, Enrico Colle è da annoverare fra i massimi esperti di mobili, arredi lignei, bronzi decorativi, microintagli e cornici. Ha scritto numerosi libri e articoli spaziando dal Piemonte alla Sicilia, dal Rinascimento al Neoclassico. Una parte consistente dei suoi studi ha riguardato gli arredi di residenze sabaude, fiorentine, senesi, lucchesi. Imprescindibili punti di riferimento per chi si occupa di mobili e di arredo ligneo sono i suoi lavori su Il Mobile impero in Italia (1998), Il Mobile barocco in Italia (2000), Il Mobile rococò in Italia (2003), Il Mobile neoclassico in Italia (2005), Il Mobile dell’Ottocento in Italia (2007), Il mobile in Italia dal Cinquecento all’Ottocento (2009). Recentissima è una mostra, a sua cura, organizzata nel Museo Stibbert di Firenze: Una Wunderkammer ottocentesca. Itinerario tra le rarità collezionistiche di Frederick Stibbert (2016).
PIERLUIGI LEONE DE CASTRIS
Direttore storico dell’arte presso le Soprintendenze della Campania e di Napoli (1978-1999), Pierluigi Leone De Castris è oggi ordinario di storia dell’arte moderna presso l’Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”. Ha al suo attivo molti, importanti studi sull’arte del meridione d’Italia, di cui è considerato grande specialista. Ha lavorato sui rapporti fra Napoli e la Spagna e sulla tematica delle “rotte mediterranee”. Si è occupato a più riprese di scultura lignea dal Medioevo al Settecento, di arti decorative, di pittura napoletana di epoca medioevale, rinascimentale e barocca. Ha scritto monografie su Pietro Cavallini, Giotto, Simone Martini, Polidoro da Caravaggio. A quest’ultimo ha dedicato un’importante mostra intitolata Polidoro da Caravaggio tra Napoli e Messina (1988). Alla produzione scientifica di carattere saggistico, ha affiancato una ricca produzione nel settore della museografia. Di particolare impegno è stato lo studio e la catalogazione dei dipinti del Museo di Capodimonte. Dal 2008 al 2011 ha ricoperto l’incarico di presidente della Consulta Nazionale Universitaria per la Storia dell’Arte.
JENNIFER MONTAGU
Jennifer Montagu è da annoverare tra gli studiosi più illustri di scultura barocca. Il suo profilo scientifico, di notorietà internazionale, è ricco di numerosissimi contributi, il più importante dei quali è, di sicuro, lo studio monografico su Alessandro Algardi (1985), studio dal quale è scaturita la grande mostra romana intitolata Algardi. L’altra faccia del Barocco (1999). Parte delle sue fatiche ha riguardato anche la scultura in metallo di epoca barocca. Oltre all’Algardi, si è occupata di Gian Lorenzo Bernini, Melchiorre Cafà, Camillo Rusconi, Giovan Battista Maini, Pietro da Cortona, Antonio Raggi, Giovan Battista Foggini, Francesco Mochi, Ciro Ferri. Ha studiato anche il collezionismo di Cassiano del Pozzo e l’attività pittorica di Charles Le Brun. Con Gabriele Barucca ha curato la mostra Ori e argenti: capolavori del ‘700 da Arrighi a Valadier (2007).
ANTONELLO NEGRI
Antonello Negri è professore ordinario di Fonti, modelli e linguaggi dell’arte contemporanea nel Dipartimento di Beni culturali e ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Fa parte del Consiglio scientifico del Museo del 900 di Milano; dirige la rivista “L’Uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità” ed è socio corrispondente dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, Classe di Scienze morali. I suoi principali campi di studio e di ricerca sono la pittura, la grafica e l’architettura dell’Otto e del Novecento e l’archeologia industriale. Tra le sue pubblicazioni: Il realismo, Roma-Bari, Laterza, 1994; Il sogno del moderno. Architettura e produzione a Milano tra le due guerre, Firenze, Edifir, 1994; Anthony Blunt. L’occhio e la storia. Scritti di critica d’arte (1936-1938), Udine, Campanotto, 1999; Arte e artisti nella modernità, Milano, Jaka Book, 2000; Carne e ferro. La pittura tedesca della neue Sachlichkeit, Milano, Scalpendi, 2007; László Moholy-Nagy. Pittura fotografia film, Milano, Scalpendi, 2008; L’arte in mostra. Una storia delle esposizioni, Milano, Bruno Mondadori, 2011; Arte moltiplicata. L’immagine del ‘900 italiano nello specchio dei rotocalchi, Milano, Bruno Mondadori, 2013.
ETTORE SPALLETTI
Professore ordinario fuori ruolo dell’Università di Pisa, Ettore Spalletti ha dedicato gran parte dei suoi studi alla pittura e alla scultura toscana dell’Ottocento e del primo Novecento. Si è a lungo occupato di Giovanni Dupré (artista al quale ha dedicato uno studio monografico nel 2002) e di Antonio Ciseri. Ha scritto su Giuseppe Bezzuoli, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Antonio Fontanesi, Pietro Benvenuti, Luigi Mussini, Lorenzo Bartolini, Diego Martelli. Ha studiato la scultura di Libero Andreotti. I suoi interessi si sono rivolti anche alla fortuna visiva di Masaccio nella grafica e nella fotogrfia, alla museografia (con particolare riferimento alle raccolte di Palazzo Pitti e degli Uffizi), alla storiografia (Lanzi, Cavalcaselle) e alle tecniche artistiche. Ha scritto un importante volume su Gli anni del Caffè del Michelangelo (1848-1861), ha curato una mostra sulle collezioni fiorentine del Novecento (1915-1945).
ANGELO TARTUFERI
Allievo di Mina Gregori e Miklós Boskovits, Angelo Tartuferi è specialista di pittura italiana dal XII al XV secolo ed è autore di numerose pubblicazioni e contributi scientifici in riviste italiane e straniere. E’ stato curatore e collaboratore di molte mostre sull’argomento. Nel 1990 ha pubblicato un volume su La pittura a Firenze nel Duecento e nel 2014 una monografia su Giotto nella serie dei Classici Treccani della Pittura italiana. Dal 1990 è Storico dell’arte del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo ed ha svolto dal 1997 al 2006 l’incarico di Vicedirettore della Galleria dell’Accademia di Firenze. E’ responsabile da molti anni dell’Ufficio Esportazione di Firenze. Nel novembre 2006 è passato alla Galleria degli Uffizi, dove ha ricoperto dal 2009 fino al maggio 2013 l’incarico di Vicedirettore e Direttore del Dipartimento dell’arte dal Medioevo al Quattrocento, per passare poi a dirigere la Galleria dell’Accademia di Firenze fino all’attuazione della riforma del Ministero.
Museo Nazionale di Palazzo Venezia
Il Palazzo venne costruito a partire dal 1455, quando il cardinale veneziano Pietro Barbo fu nominato titolare della Basilica di San Marco. Eletto pontefice, qualche anno più tardi, con il nome di Paolo II (1464-71) promosse l’ampliamento dell’edificio con il nipote Marco Barbo, che gli successe al titolo della basilica: vennero così realizzati i tre saloni monumentali (Sala Regia, Sala del Concistoro poi divenuta delle Battaglie, Sala del Mappamondo) e soprattutto il Viridarium, un giardino porticato situato all’angolo tra le attuali piazza San Marco e piazza Venezia. Dalla fine del ‘400 all’appartamento Barbo, di pertinenza pontificia, venne aggiunto per i cardinali sulla via Papale, oggi via del Plebiscito, l’appartamento Cybo, dal nome di Lorenzo, nipote di Innocenzo VIII (1484-92), che per primo lo abitò. Il palazzo di San Marco rimase di proprietà pontificia fino al 1564, anno in cui venne ceduto da Pio IV Medici (1559-65) alla Repubblica di Venezia, che vi stabilì la propria ambasciata. Da allora è comunemente noto con il nome di ‘Palazzo di Venezia’. In seguito al Trattato di Campoformio (1797), che sancì la fine della Serenissima, l’edificio passò all’Austria, che ne mantenne la funzione di sede diplomatica.
Tra il 1910 ed il 1913 il giardino-viridarium di Paolo II, ormai noto come Palazzetto, fu abbattuto e ricostruito in posizione arretrata per consentire l’ampliamento della piazza e la visione diretta del Vittoriano. Nel 1916 il Regno d’Italia rivendicò il palazzo all’Austria e il ruolo simbolico-nazionalistico assunto dall’edificio dopo la restituzione spinse, nel 1922, Benito Mussolini a sceglierlo come sede del governo fascista (1929-43) e ad utilizzare come proprio ufficio la Sala del Mappamondo in cui si apre il celebre balcone settecentesco. Tra gli interventi sul palazzo di quegli anni si segnala la costruzione del nuovo scalone monumentale, progettato da Luigi Marangoni, a celebrazione della nazione e dei territori conquistati all’Austria nella III guerra d’indipendenza (1866) e nella prima guerra mondiale (1915-18).